COME NASCE?
Tutte le ribollite che ho mangiato da piccola erano accompagnate dalla storia di mia nonna: la ribollita era una soluzione per sette bocche da sfamare. Ebbene sì, in famiglia erano cinque fratelli, di cui lei la più piccina, sua mamma e suo papà. Il periodo non era dei migliori economicamente parlando, ma anche grazie a questo piatto, nessuno di loro si è mai dovuto lamentare.
La mamma di mia nonna, a suo dire donna cattolica di altri tempi, il giovedì sera preparava in grandissime quantità una zuppa di pane raffermo, verza, cavolo nero, pomodori patate e un po’ d’olio per servire il venerdì una zuppa che fosse di magro.
Probabilmente la paura di lasciare a digiuno i figli, tipica di una mamma italiana, la faceva sempre eccedere nelle dosi, decisamente troppo abbondanti addirittura per una famiglia numerosa come la loro.
Buttare gli avanzi era fuori discussione (e lo è tutt’ora!). Così questa zuppa diventava non solo il piatto del venerdì, ma anche del sabato e, a volte, della domenica. Bastava ribollirla, da qui il nome, e riproporla. Un po’ per educazione, ma soprattutto per il fantastico gusto, nessuno (me compresa) si è mai stufato di mangiarla.